Sarebbero serviti davvero due anni.
Una valle interminabile, una timida cima che si rivela solo dopo 5 ore di cammino, branchi di camosci che pascolano liberi sull’orizzonte… e sudore, tantissimo sudore.
Qualche tempo fa, in una discussione sugli obiettivi puntati da tempo, venne fuori un nome: Piz Duan.
Stavamo percorrendo la strada che da Chiavenna porta al passo del Maloja e nel vedere la cima completamente spoglia da neve e qualsiasi traccia di inverno nonostante fosse pieno gennaio non riuscii a capire come si potesse risalire quella cima così vicina con gli sci ai piedi.
La risposta a questa ingenua domanda è molto semplice: non si risale dal versante per cui la cime sceglie di rivelarsi al mondo. Si conquista la vetta prima attraversando un bosco, un’interminabile valle, un canale costellato di conche e canali che come una via crucis scandiscono il tracciato, finalmente si approda lungo una dorsale che conduce ad una ripida pala da cui, finalmente, si raggiunge la timida cima.
La premessa era già ben dichiarata, partivamo con l’idea di sudare più camicie di quante ne avessimo mai messe, e così è stato.
Molliamo gli ormeggi da casa verso le 6:30 ed approdiamo per le 8:30 all’abitato di Casaccia lasciando le auto nel parcheggio del camposanto, non il miglior biglietto da visita considerato anche il vento tempestoso che lungo tutto l’avvicinamento stradale spazza le cime con pinnacoli di neve alti come condomini. Ma come calziamo gli sci sentiamo le ultime raffiche infrangersi contro di noi, poi il bosco ci inghiotte e purifica l’aria dalle sferzate che tanto temevamo.
Come emergiamo dalle ultime fronde vediamo stagliarsi di fronte a noi una valle interminabile. Sui versanti esposti alle luci dell’alba alcune eredità di valanghe si sono ormai fuse con il manto consolidato, mentre sui versanti in ombra alcune strutture di neve modellata dal laborioso lavoro del vento espongono onde, dune, cornici e ricami in precario equilibrio sulle dorsali che solo qualche lepre ha osato percorrere.
Abbandoniamo l’ultima traccia di civiltà recente superando un imponente pilone che ingombra il paesaggio, la valle è completamente silenziosa e solo il frusciare dell’acqua nel torrente nascosto scandisce il passare delle ore mentre ricalchiamo vecchie valanghe.
Uno strascico di umanità si rivela mentre superiamo una leggera collina raggiungendo le baite di Maroz Dent. Qualcuno ricorda che questa quota è tutta da perdere mentre scorgiamo un piattone in fronte a noi, ma forti della premessa fatta di fatica non ci lasciamo intimorire e ci gettiamo nelle ampie braccia del pianoro.
La salita inizia sempre sulle note del ritmo lento che caratterizza l’itinerario, prima con una leggera risalita, poi con un crescendo rossiniano di dorsali e canali.
L’itinerario si offre a noi in completa candidezza al prezzo di dover tracciare e calcare le nostre orme nella neve che diventa sempre più simile a farina.
Emergiamo finalmente dall’ultima conca come pellegrini in conclusione di una via crucis, dove le stazioni sono canali e conche, e le preghiere si esprimono con inversioni e sprofondamenti nei grandi accumuli di neve riportata dal vento.
La vetta si rivela soltanto all’ultimo mentre calchiamo gli sci sull’ampia dorsale che a causa della fatica sembra essere infinita. Il miraggio della cima si materializza solo alla fine di un’ultima pala verticale dove la mente si libera del peso perdendosi nella vastità dell’orizzonte.
Il tempo cambia rapidamente portando nuvole e condizioni di pessima visibilità a causa della luce lattea che tutto amalgama nella sua bianca tavolozza. Riusciamo a godere di una discesa caratterizzata da neve farinosa fino all’imbocco della lunga valle, dove riprendiamo a faticare per superare di nuovo i tratti piani ed in risalita esaurendo anche l’ultima riserva di forze.
Dopo un’avventura come questa, caratterizzata da 19 km di sviluppo e 1750 metri di dislivello positivo, servirà ordinare un ricambio di ginocchia ed olio di gomito.
Nel frattempo coglieremo l’occasione del riposo per progettarne delle belle.
Stay tuned!
Traccia (questa volta il GPS ha retto fino alla penultima curva) in formato .gpx disponibile cliccando qui
Bravissimo come sempre, un foto-racconto preciso ed emozionante che sottolinea una salita indimenticabile particolarmente attesa!
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Ciao Fra, hai celebrato degnamente il compleanno! Sicuramente è stato un bel trip ma…si può fare di più, basta divertirsi!
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Ciao Fra, hai celebrato degnamente il compleanno! Sicuramente è stato un bel trip ma…si può fare di più, basta divertirsi!
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